Forse ci ha visto giusto (per sbaglio)

Tra radio e tv ho sentito un po' di commenti in merito alla pausa pranzo (i mezzi di informazione sono pronti a gettarsi su qualsiasi cosa possa vendere piuttosto che parlare di argomenti un po' più sostanziosi), tanto da ritenere che il Ministro Rotondi non ha perso un'occasione ma ne ha colta una per rivedere le nostre abitudini e allo stesso tempo, vedi mai, di poter rilanciare l'economia del paese e a riportare un ritmo di vita a dimensione umana.
Lo so che adesso mi smentisco ma è
anche bello perdersi via a riflettere sulle cose e vedere come potrebbero funzionare in senso opposto a come vorremmo o a come siamo abituati e trovarci i lati positivi.
Un po' come giocare a Lego, smontando e rimontando. Sarà che lavorando forzatamente da casa ogni tanto mi viene da saltare il pranzo per mangiare al volo un frutto o prendere un caffè.
Non so quanto possa essere il momento di maggior produttività quello che coincide con la sommossa dello stomaco che reclama il suo giornaliero approvvigionamento calorico! Un break durante il lavoro ci vuole, altrimenti si sviene prima della fine della giornata.
Alcune aziende fanno 2 ore di pausa pranzo e, credete a me che le ho fatte, sono una gran rottura di palle e quando riprendi il pomeriggio non passa più!
1 ora è perfetta, se ne può fare anche di meno, ma non a meno!

Facciamo 30'? Fatta!

Però occorre rivedere alcune cose all'interno dell'azienda.
Intanto perché 30' non sono sufficienti per uscire dall'ufficio prendere la macchina o andare a piedi fino al baretto o self-service o trattoria più vicina, ordinare, ingozzarsi e tornare in ufficio con il boccone in gola da vomitare dopo un quarto d'ora.
30' sono sufficienti per un panino ma il nostro organismo non può andare avanti a panini 5 giorni su 7, ci manderebbe a quel paese dopo neanche 1 mese.

Allora?

Se si riducesse la pausa pranzo dovremmo mangiare in azienda. O lo facciamo dove lavoriamo, sopra la tastiera del pc e i documenti, ma sarebbe meglio poter contare su un luogo adatto per mangiare. In ogni caso, occorrono dei fornetti per scaldarsi il pranzo che ci si porta da casa.

Ma poche aziende sono preparate per questa evenienza. Peccato, perché oltre a risparmiare tempo, si da un bel servizio al proprio dipendente e diventa anche un buon momento per tutti i lavoratori dei diversi reparti per conoscersi meglio e creare un buon clima lavorativo.
Si sa che i rapporti tra gli uffici e la produzione sono limitati e può capitare che tra i due ambiti ci siano delle riserve. Dividendo lo stesso spazio per lo stesso motivo si eliminerebbero le distinzioni che esistono (o si generano) ed ognuno si può confrontare con l'altro trovando delle soluzioni a beneficio dell'azienda o creando nuovi rapporti tra le persone.
Perché i lavoratori, che siano seduti in ufficio o in piedi al tornio, sono delle persone con un cervello, un cuore, un'anima. E anche uno stomaco!
Se accorciamo la pausa pranzo, si modifica così anche l'orario di lavoro: mettiamo dalle 8 alle 12 e dalle 12:30 alle 16:30 (anche se facciamo 1 ora di straordinario si uscirebbe a un orario accettabile per rilassarsi un po').
Prima dell'ora di cena, c'è tempo in abbondanza per i dipendenti (ma perché no anche ai titolari?) per andare a fare shopping, andare in palestra/piscina/correre fare quello che gli pare e generare un flusso economico che ora è limitato al sabato, giorno dedicato alle commesse personali perché dal lunedì mattina al venerdì sera siamo totalmente dediti al lavoro.
Già, totalmente (chi è fortunato in questo momento!).
Per esempio l'ultimo posto dove ho lavorato, una classica azienda padronale del miracolo nord-est "organizzata" così: tolta
l'ora scarsa di pausa pranzo che i titolari si concedevano, se ne stavano in ufficio dalle 7:30 di mattina (ci abitano attaccati, letteralmente) a tarda sera, dopo cena. Il mona che lavorava insieme a uno di loro (indovina chi...) deve seguire gli stessi orari perché questo tipo di "organizzazione" non prevede la possibilità di lavorare in maniera autonoma, eliminando così il proprio tempo libero. Perché non esiste niente altro al di fuori del lavoro.
Forse, senza volerlo, il Ministro Rotondi può aver aperto un piccolo varco nel muro delle consuetudini verso una strada più elastica che può portare a un ambiente lavorativo migliore e a ritmi di vita più gradevoli.
Chissà se i sindacati se ne sono accorti.
Ci arriveremo mai?

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