O il lavoro o la vita

Torno a scrivere dopo 6 giorni di isolamento telefonico dovuto a un guasto ai cavi durante i lavori infiniti lungo la strada del mio paese. Per me è stata un'occasione per tenermi lontano dallo schermo e onestamente ammetto che non ne ho sentito molto la mancanza. Anzi, ho avuto un piacevole senso di libertà potendo dedicarmi alla lettura di un buon libro. Il disagio l'avranno certamente avuto quelli che non possono fare a meno del telefono o della linea telefonica come il medico di base, l'osteria e la tabaccheria per le giocate del lotto.
Sembra sempre più difficile trovare qualcuno che faccia bene il proprio lavoro. Un attimo di attenzione e di scrupolo non penso porti via una fetta di panettone a nessuno!
Ma questa polemica mi fa ritornare in mente una e-mail che mi è arrivata qualche settimana fa e narra di un'iniziativa curiosa, mi sembra intelligente, ideata dal Ministro dell'Ambiente della Norvegia.
Tralascio altre cose abbastanza fastidiose per la loro faziosità, sia su questo paese scandinavo che ha deciso con un referendum di non fare parte viene dall'UE, sia sull'iniziativa.
Il Ministro dell'Ambiente Siri Berke ha invitato tutti i cittadini di Oslo, Bergen e Stavanger (non so perché solo queste città) ad abbandonare gli uffici e le fabbriche alle ore 12, in orario di lavoro, per andare a spasso e rientrare solo per la pausa pranzo. Non era uno sciopero e nemmeno una protesta.
Questa manifestazione aveva lo scopo di ricordare, fra tanti presunti valori come la competitività, la concorrenza, il Pil, lo sviluppo, un valore ben più importante di cui tutti sembriamo esserci dimenticati: il valore del tempo, il tempo della vita.
Il tempo infatti è la base della nostra vita, che non può essere concepito solo, o quasi, come tempo di lavoro.
Ha detto invece Siri Berke, passeggiando con altri duecento deputati fuori dal Parlamento: "Uscite, smettetela di lavorare. Fate una passeggiata nel parco. Immergete i piedi nell'acqua. Spegnete i telefonini. Per un'ora parlate di qualcosa che non sia il lavoro".
Penso che sia una manifestazione eccezionale! E non poteva non venire da un paese scandinavo, da uno di quei 3 (facciamo 4 con la Danimarca? Va ben, fatto!) paesi isolati la in cima al fresco che nessuno o pochissime persone degnano di interessa ma che nel loro isolamento geopolitico dimostrano una visione della vita che noi non potremmo nemmeno concepire! E non è una manifestazione lanciata da un dipendente, da un anarchico o da un rappresentante sindacale, ma da un uomo politico, un ministro!
Chiaro che non è una cosa che si può fare tutti i giorni ma, con due ministri che vogliono eliminare i fannulloni e la pausa pranzo, la nostra Nazione sta andando nella direzione opposta, dove una parte lavora e si da da fare davvero per mantenere politici e lavoratori e presunti tali (con doppio riferimento!).
Mi viene in mente il paròn dell'aziendina (in gergo tecnico PMI) del nordest che vive la sua vita lavorando, non so nemmeno quanto si goda il proprio patrimonio accumulato avidamente se non quando andrà, forse, in pensione. Ce ne sono tanti in quest'area produttiva d'Italia, direi la stragrande maggioranza delle aziende ha un management (-_-) caratterizzato da questo tipo di organizzazione. In poche parole, due, la Paròn Management. Penso che chi di loro ha saputo di questa iniziativa norvegese avrà avuto sicuramente almeno un attacco di angina pectoris! Qualcun altro sarà andato alle porte dell'aziendina per sbarrarle impedendo ai propri dipendenti di uscire in orario di lavoro, avrà bloccato le porte dei cessi e siliconato le finestre per evitare qualsiasi tipo di perdita di tempo e di fuga. Anche le macchinette del caffè e delle merendine (dove ci sono...) saranno state sabotate.
Perché non importa come avviene ne' quanto costa, ma un'ora di lavoro è irrinunciabile quasi compromettesse la vita intera dell'aziendina. Piuttosto che vada in mona la salute del dipendente!
Il paròn è un buon samaritano che permette ai propri dipendenti di vivere grazie al lavoro che egli dona loro, senza rendersi conto che è l'esatto opposto (già, il lavoratore dona il suo lavoro, che per il paròn è come un dono visto che alle volte gli cosa molto poco...) e quindi dalle 8 fino a quando il paròn non è in comodo bisogna prestare il proprio servizio in the office.
C'è chi sta sempre in the office. Con le palle girate. E chi invece una volta ogni tanto si vede concesso un po’ di relax. Perché prima di tutto, prima del fatturato, della produzione, viene la propria vita.
È un modo di pensare opposto. Per noi la qualità della vita è direttamente proporzionale al fatturato, alla produzione, al PIL. Per altri invece è la qualità della propria vita che incide sul modo di lavorare.
Perché un uomo felice è anche un lavoratore felice. Penso.

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